User:A.zarcone/Sandbox

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Il problema del collegamento filler-gap

In una frase con tre possibili gap ('gap' è in un certo senso il correlato teorico della traccia in modelli psicolinguistici) come in (1) è necessario collegare il primo costituente all'ultimo dei tre possibili gap:

(1) [What]i do you want (Δ) Mary to sing (Δ) to the baby about Δi?

Un modello della comprensione delle dipendenze a distanza che assuma l'esistenza di gap deve tener conto del problema dell'associazione del costituente "spostato" con una e una sola posizione nella frase (identificazione del gap o gap-filling process, Fodor 1978). Anche in un modello detrasformazionale questo problema deve essere risolto, perché è comunque indispensabile collegare il costituente a una posizione nella struttura profonda, prima di riportarlo a quella posizione.

Altre teorie come la Word Grammar di Hudson (1984) non richiedono invece la postulazione di tracce o gap, ma stabiliscono una relazione di dipendenza tra l'elemento "estratto" e il costituente che lo sottocategorizza. L'esempio in (1) verrebbe quindi rappresentato in modo diverso:

(2) [What]i do you want Mary to sing to the baby abouti?

Notare che questa volta sono coindicizzati non più il costituente estratto e la traccia ma il costituente e i diversi elementi di cui può essere argomento. Il problema è quindi non più collegare filler e gap, ma predicato e argomento.

La HPSG e le dipendenze a distanza

Nella storia della Head-driven Phrase Structure Grammar si distinguono 3 approcci diversi, sviluppati in momenti diversi:

  1. struttura filler-gap (Pollard e Sag, 1994, capitolo 4): il primo approccio fa uso di una traccia all'interno del lessico, e di schemi di formazione delle frasi per collegarla con il componente estratto (head-filler schema)
  2. analisi senza traccia (Pollard e Sag, 1994, capitolo 9): il secondo approccio nega la presenza di tracce e fa invece uso di regole lessicali, per creare predicati più complessi e integrarli con il componente estratto appena possibile, creando la dipendenza prima di un eventuale gap
  3. analisi senza regole lessicali (Bouma et al. 1998): Bouma et al. cercano di unificare i fenomeni di dipendenze a distanza reinserendo la traccia nell'ontologia (e quindi nel formalismo, non nel lessico); la dipendenza con categorie vuote viene attivata solo quando l'argomento del predicato non viene trovato localmente

Il problema delle categorie vuote e della creazione della dipendenza

A favore delle categorie vuote: l'effetto gap-filler

Swinney et al. (1988), Crain e Fodor (1985) e Stowe (1986) riportano fenomeni interpretabili come effetti gap-filler. Swinney et al. registrano un effetto di prime di parole associate al costituente estratto dopo la posizione del presunto gap ma non prima (gap-filler effect). Ad esempio:

(3) The policeman saw the boy that the crowd at the party accused of the crime

In (3) gli associati di boy sarebbero attivati dopo accused ma non prima. Stowe (1986) mette a confronto coppie di frasi come (4) e (5):

(4) My brother wanted to know if Ruth will bring us home to Mum at Christmas

(5) My brother wanted to know who Ruth will bring us home to at Christmas

I tempi di lettura di us sono più lunghi in (5), perché bring verrebbe associato a un gap, ma questa prima analisi verrebbe poi smentita da us, che farebbe scattare un meccanismo di reanalisi. Tuttavia, come notano Pickering e Barry (1991), esempi di questo tipo sono costruiti in modo tale che il presunto gap seguirebbe il verbo, quindi tali dati non decidono necessariamente in favore dell'esistenza di categorie vuote, ma possono anche essere spiegati da meccanismi di dipendenza come in (2).

Contro le categorie vuote: l'ipotesi di attivazione immediata

Pickering e Barry (1991) forniscono esempi in cui un approccio con gap e un approccio senza gap porterebbero a previsioni diverse, come:

(6) [In which box]i did you put the cake __i?

(7) [In which box]i did you puti the cake?

Sarebbe inefficiente e non incrementale un modello in cui si attende la fine della frase per un gap, piuttosto che stabilire la dipendenza a livello del predicato. La differenza in termini di efficienza sarebbe ulteriormente evidente in frasi particolarmente lunghe come:

(8) We gave every student capable of answering every single tricky question on the details of the extremely complicated theory a prize.

(9) That's the prizei we gave every student capable of answering every single tricky question on the details of the extremely complicated theory ___i.

(10) [Which box]i did you put the very large and beautifully decorated wedding cake bought from the expensive bakery ini?

(11) [In which box]i did you puti the very large and beautifully decorated wedding cake bought from the expensive bakery?

La presenza di categorie vuote richiederebbe che la frase (9) sia più diffile della frase (8), perché il gap richiederebbe di essere mantenuto in memoria fino alla fine della frase, mentre le frasi (10) e (11) dovrebbero essere comparabili. Il giudizio di naturalità del parlante (Pickering e Barry 1991) è invece esattamente l'opposto: Pickering e Barry giudicano (8) e (10) significativamente più complesse da analizzare rispetto a (9) e (11). Sembrerebbe quindi che in (9) e (11) l'elemento non in loco sia integrato in un'analisi sintattica incrementale quando viene analizzato il predicato, e non alla fine della frase.

L'ipotesi di doppia attivazione

I dati raccolti da Nicol (1993) sembrano essere compatibili sia con l'idea, più vicina alle Grammatiche della dipendenza, che il costituente estratto venga subito associato al predicato, sia con l'idea del "filler-gap effect", in quanto si osserverebbe una duplice attivazione del costituente, sia dopo il predicato, sia in posizione di gap. Nicol propone quindi un modello in cui il predicato attivi un ruolo tematico per il costituente, e che questa prima ipotesi venga poi consegnata alla posizione del gap. Sag e Pollard (1994) suggeriscono un modello di dipendenze a più livelli, semantiche (collegamento ruolo tematico-predicato) e sintattiche (collegamento filler-gap), non necessariamente sovrapponibili.

Eye-tracking e Potenziali evocati

Gli studi di eye-tracking di Traxler et al. (1996) confermano il fatto che i parlanti stabiliscano subito una relazione di dipendenza tra il predicato e il costituente estratto (ed eventualmente ricorrono in seguito a meccanismi di reanalisi quando questa relazione dovesse risultare errata), ma non trovano prova sperimentale della "seconda attivazione" dovuta al gap prevista da Nicol (1993).

Gli studi con i potenziali evocati di Kaan et al. (2000) rilevano una componente P600 quando un soggetto riceve come input un verbo che completa una relazione di dipendenza con un precedente elemento wh della frase, e suggeriscono che la sua ampiezza dipenda proporzionalmente dalla lunghezza della dipendenza (ricordiamo che la componente N400 è genericamente associata alla rianalisi semantica, la P600 a quella sintattica). Questa previsione è verificata da Philips et al. (2005), che trovano i seguenti risultati:

  1. una negatività anteriore prolungata (sustained anterior negativity), che interpretano come il risultato di un mantenimento in memoria di lavoro del componente estratto
  2. l'ampiezza della P600 non è invece influenzata dalla lunghezza della dipendenza, mentre invece il suo onset è ritardato in dipendenze a lunga distanza